Dopo...

16/05/2020

̀Per il futuro del lago d'Orta a misura d'uomo

E' ormai chiaro che Covid-19 è solo un avvertimento di quanto può accadere se perseveriamo sulla strada dello sfruttamento irresponsabile del territorio e delle sue risorse.
Non è il primo, altri ce ne sono stati, dalla Sars a Ebola, ma non gli abbiamo dato troppa attenzione, perché non ci hanno toccato direttamente. Questa volta, invece, la pandemia ha colpito anche noi, il nostro mondo occidentale e “avanzato”, che credevamo non sarebbe crollato mai. Invece, in un attimo Covid-19 ha affondato tutte le nostre certezze, il nostro modello economico che si pensava l’unico possibile.
Dei lati buoni questa sciagura però li ha innegabilmente avuti: la riscoperta dell’importanza della socialità, quella del contatto reale con gli altri, e della solidarietà (la rete di mutuo soccorso che si è immediatamente creata lo testimonia); la scoperta che flora e fauna, se le si lascia in pace, riprendono i propri spazi vitali, che la voracità umana ha fagocitato; le acque riprendono vita, l’aria si libera dei miasmi di cui la impestiamo. Si riscoprono anche le bellezze delle città d’arte non più invase dalle miriadi di turisti compulsivi e bulimici. Si riscopre la vita, potremmo azzardare.
E adesso? Come torniamo alla “normalità”, adesso? E qual è poi la “normalità”? Quella che abbiamo vissuto finora e che ci ha condotti allegramente alla catastrofe che stiamo vivendo?
La normalità rischia di essere quella che stiamo vivendo ora, se non abbiamo il coraggio di modificare la nostra rotta, le nostre vite.
Cosa succederà quando le cose si placheranno? Ricominceremo a correre, inquinare, distruggere, consumare, buttare, affollarci e affannarci, sporcare, non rispettare le regole, saltare la fila, imprecare con gli anziani e il prossimo, dimenticarci di chi ha bisogno, ignorare gli altri, accusare gli stranieri, pensare solo a noi stessi, non pagare le tasse, aggredire medici e infermieri nei pronto soccorso, picchiare gli insegnanti o le donne o gli animali?
L’economia cercherà di riprendere la stessa strada suicida, dando anche un’accelerata per riprendere il tempo perduto?
Per quanto è avvenuto non c’è nessun responsabile fuori da noi stessi; l’unico responsabile è la violenza esercitata sul globo, sulla natura, sia che si tratti di un virus passato a noi da un’altra specie, costretta ad avere con noi un rapporto più di prossimità, sia che si tratti invece di un esperimento di laboratorio sfuggito più o meno volontariamente, a seconda della tesi più o meno complottistica che si vuole adottare.
Abbiamo sentito tante interpretazioni, ma tutte hanno all’origine la scelleratezza umana, questo crediamo sia indiscutibile.
Allora tornare alla normalità non significa riprendere tutto come prima e anzi con più foga per recuperare il perduto.
Tornare alla normalità deve significare ripensare la nostra concezione del mondo, dei rapporti umani e dell’economia, per metterla in pratica appena possibile, adesso, subito.
Dobbiamo avere la consapevolezza che le alternative ci sono. E possono e devono partire da un ripensamento radicale del nostro modello sociale ed economico, che ci coinvolga tutti.
Sarebbe bello che da questo territorio potesse partire un nuovo, esemplare, modello di vita e di economia.
Le nostre proposte, sicuramente molto impegnative, prevedono un cambiamento radicale della concezione di governo locale, che tenga conto dei saperi delle comunità.
Eccole, riassunte per punti:
1) Fermare il consumo di territorio, incentivando il recupero e il restauro dello spazio urbano e degli edifici preesistenti nel rispetto delle cubature e strutture originarie e con l’utilizzo di tecnologie appropriate e rispettose dell’ambiente e della storia del luogo e degli edifici.
2) Incentivare la conversione energetica dalle fonti fossili a quelle rinnovabili.
3) Fermare le sperimentazioni potenzialmente dannose come quella del 5G, in attesa dei necessari approfondimenti che ne garantiscano l’innocuità per l’uomo e per l’ambiente.
4) Fermare le grandi opere che distruggono ambienti ed ecosistemi e portare avanti, invece, quei mille piccoli interventi per la messa in sicurezza di territori e comunità.
5) Rilanciare le attività agricole. Il territorio è molto ricco di terreni a vocazione agricola di proprietà comunale e/o privata, attualmente in stato di abbandono. Nelle nostre passeggiate è facile imbattersi in alberi carichi di frutta che nessuno coglie e terreni bisognosi di cura. Il rilancio delle attività agricole porterà beneficio sia alla popolazione locale, che potrà godere di prodotti a chilometro zero, sia all’economia e al ripopolamento della regione.
Ovviamente dovrà essere un’agricoltura fondata sui principi del biologico e dell’avvicendamento delle colture. No all’agricoltura intensiva e con uso di pesticidi.
Importantissimo sarà anche lavorare per una sinergia fra produttori e ristoratori, benefica per entrambi.
6) Proteggere e curare il paesaggio. Non si abbattano più alberi se non in casi di estrema necessità e per la cura del territorio; non si sottragga più un solo metro quadrato di prato. Gli alberi devono essere curati e potati al momento opportuno e nel migliore dei modi. Riprendere la sana abitudine, ora quasi abbandonata, di curare i terreni, i fossi...
Si avrà così bisogno di agronomi, giardinieri, potatori, un buon numero di posti di lavoro quindi, spazio per le cooperative specializzate (e non improvvisate!) nella cura del verde.
7) Ripristinare il verde sottratto, a cominciare dall’imbarcadero dell’isola di San Giulio, ora ridotto ad una colata cementizia grigiastra.
8) No al lago autostrada. Agevolare la navigazione da diporto con barche a remi e a vela. Accrescere le limitazioni in spazi ed orari, già presenti nel Decreto della Presidente della Giunta Regionale 22 giugno 2009, della navigazione da diporto di motoscafi e moto d’acqua. Sostenere il servizio di navigazione pubblica esercitato dalla “Navigazione Lago d’Orta” e dalle cooperative.
9) Moderare l’illuminazione notturna intorno al lago e sull’isola: ora c’è uno spreco inutile di energia, e ci hanno rubato le stelle!
10) Perseguire l’iniziativa del Contratto di lago ed operare perché il lago d’Orta diventi centro nazionale e internazionale di studi ecologici e ambientali.
11) Stop al turismo compulsivo. Chiediamo che non vengano più ampliati i parcheggi per auto e soprattutto per autobus turistici.
12) I piccoli tesori storici, artistici e culturali esistenti, i paesaggi straordinari, l’enogastronomia di qualità diventino la punta di diamante per la rinascita di un turismo culturale, lento, rilassato. Il lago è luogo di calma e bellezza, silenzio e natura, a cui non si confanno piazze stracolme di folla all’ammasso. Per il bene di tutti, anche dei gestori dei pubblici esercizi.
13) Ampliare l’offerta culturale e di qualità. Per il primo periodo bisognerà individuare nuovi canali di diffusione culturale, dato che non sarà possibile riempire le piazze (canali telematici?). Tale offerta sarà da programmare con diluizione degli eventi nell’arco delle stagioni.
14) Migliorare i servizi sociali e approntare una rete di servizio di trasporto pubblico degna.
15) Incentivare altre forme di economia, dai commerci (p. es. rilancio del mercato settimanale e dei mercati a tema, negozi di vicinato) alle attività artigianali.
16) Incentivare un’economia legata alla cura della terra (intesa sia come giardino che orto), alla cultura, al restauro urbano e artistico in ogni sua forma.
Tutto questo non può che essere fatto proprio da amministrazioni locali lungimiranti e in consorzio con tutti i comuni che abbiano davvero a cuore la rinascita del territorio.
Deve essere studiato e portato avanti insieme ai cittadini e deve utilizzare le competenze e le conoscenze che ci sono, sia per studio che per pratica. Siano coinvolte anche le università e i centri di studio.
Abbiamo la certezza che si creeranno nuovi posti di lavoro e che i borghi semi-abbandonati
potranno trovare nuovi abitanti stabili. È solo con il consolidamento di una comunità abitativa forte che può rinascere l’economia di un territorio: un’economia diversificata, che comprenda anche, ma non solo, il turismo, perché è ormai chiaro anche agli ipovedenti che basare il sistema economico su un’unica fonte produttiva non è la salvezza di un territorio ma la sua morte.
Siamo certi che una rinascita in questo senso gioverà anche al turismo che, prima o poi, sicuramente tornerà.


Cesare Bermani ASSOCIAZIONE ERNESTO RAGAZZONI Comitato per la difesa del lago d’Orta

Donatella De Paoli ITALIA NOSTRA – Sezione di Novara

Carlo Petrini SLOW FOOD - TERRA MADRE

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